Nel mosaico sempre più sofisticato del Fisco, il nuovo “ravvedimento speciale” previsto dal decreto fiscale 2025 (D.L. 84/2025) si distingue per un elemento tanto evidente quanto raramente esplicitato: non nasce per favorire il contribuente, ma per non perdere il gettito su annualità ormai prossime alla prescrizione.
Questa nuova edizione della sanatoria, in vigore dal 1° gennaio al 15 marzo 2026, è infatti strettamente riservata a chi aderisce al Concordato Preventivo Biennale (CPB) 2025–2026. Ma il tratto davvero peculiare non sta solo nella platea ristretta o nelle condizioni selettive. Sta nella proroga ad hoc dei termini di accertamento per il 2019 e, in alcuni casi, anche per il 2020, che consente all’Erario di riportare in vita annualità altrimenti non più accertabili.
Senza interventi legislativi, l’anno d’imposta 2019 sarebbe andato in prescrizione il 31 dicembre 2025, così come, per alcuni soggetti beneficiari del regime premiale ISA, anche il 2020. Ma poiché la finestra del ravvedimento si apre solo dal 2026, quelle annualità — pur teoricamente “ravvedibili” — non sarebbero più accertabili, e dunque nemmeno sanabili.
Da qui nasce l’esigenza dell’emendamento approvato in sede di conversione del decreto fiscale, che proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2026, i termini di accertamento per chi aderisce al CPB 2025–2026. Un’estensione con funzione chiaramente strumentale, pensata per rendere efficace la sanatoria su anni che, altrimenti, il Fisco avrebbe dovuto lasciare andare.
Il nuovo ravvedimento speciale non è per tutti. Vi possono accedere solo i soggetti che applicano gli ISA e aderiscono al CPB 2025–2026.
Sono invece esclusi coloro che non aderiscono al nuovo CPB, i contribuenti del CPB 2024–2025 che non hanno completato la precedente sanatoria e persino chi ha già ravveduto gli anni dal 2018 al 2022, che ora non può estendere la copertura al 2023, annualità considerata “base” del nuovo concordato e volutamente lasciata priva di protezione.
In altre parole, la platea è ristretta e le regole sono state studiate per massimizzare il controllo fiscale sulle annualità ancora strategiche.
Il perfezionamento del ravvedimento avviene con il pagamento dell’imposta sostitutiva dal 1° gennaio al 15 marzo 2026, in unica soluzione o in 10 rate mensili (con interessi dal 15 marzo), non è più ammesso il versamento anticipato, come nella precedente versione e se prima del pagamento viene notificato un pvc, uno schema d’atto o un atto di recupero per crediti inesistenti, l’accesso alla sanatoria è precluso.
Il contribuente, fino a fine 2025, non può che attendere, nella speranza di non ricevere notifiche che renderebbero l’opzione inutilizzabile.
Il calcolo dell’imposta segue lo schema noto:
- si parte dal reddito dichiarato e si applica un incremento in funzione del punteggio ISA:
- +5% per ISA 10
- +10% per ISA ≥8
- fino a +50% per ISA <3
- sulle basi così incrementate si applica un’imposta sostitutiva:
- 10% per ISA ≥8
- 12% per ISA ≥6 e <8
- 15% per ISA <6
Per IRAP, si applica l’aliquota fissa del 3,9%. Gli anni 2020 e 2021 godono di una riduzione del 30%, in ragione della pandemia.
Sono previste regole speciali per i soggetti esclusi dagli ISA (es. multiattività, Covid, attività non normale), con incremento fisso del 25% e aliquota al 12,5%.
Infine, per le annualità oggetto di sanatoria, i termini di accertamento vengono prorogati fino al 31 dicembre 2028.
Dietro la facciata di una “opportunità” per i contribuenti, il nuovo ravvedimento speciale si rivela soprattutto un mezzo per il Fisco di rimettere in gioco annualità che stava per perdere. L’estensione dei termini di accertamento è funzionale a rendere “vivi” anni che cadrebbero in prescrizione proprio nel momento in cui parte la sanatoria.
Chi aderisce, lo fa non tanto per sanare qualcosa di oggettivamente a rischio, quanto per prevenire un accertamento che, senza proroga, non sarebbe nemmeno possibile. La convenienza, dunque, è relativa. Il vero beneficiario della manovra è l’Erario, che ottiene una nuova finestra per “monitorare” periodi probabilmente non più accertabili.
La domanda che dovrà porsi il contribuente, invece, dovrebbe essere la seguente: quanto vale aderire al CPB ed al “ravvedimento speciale”, se il rischio — senza proroga — per determinate annualità risulterebbe a breve estinto?
Autore: Luigi Romano