La manovra di bilancio, ormai entrata nel vivo, mette mano ad una armonizzazione in termini di tassazione dei gruppi societari: dividendi e partecipazioni. Il perno è l’articolo 18 della bozza, che riscrive alcuni passaggi del TUIR per i soggetti IRES (società ed enti commerciali), affiancato dall’articolo 17 sul coordinamento ai fini IRAP dei dividendi intra-UE. L’obiettivo è allineare il regime domestico alle logiche europee, evitando asimmetrie tra utili distribuiti da società italiane e da società dell’Unione.

Dal 1° gennaio 2026 (in assenza di modifiche al testo in bozza), per beneficiare dell’esenzione del 95% dei dividendi ai fini IRES, la partecipazione nella società che distribuisce utili deve essere almeno del 10% e il requisito può essere raggiunto anche per via indiretta attraverso società controllate (con la classica “demoltiplicazione” lungo la catena di controllo). La bozza interviene infatti sugli articoli 59 e 89 TUIR, specificando espressamente la soglia e il computo delle quote indirette; per il coordinamento generale si richiama anche l’articolo 47 TUIR.

In buona sostanza, per le società che incassano dividendi, l’agevolazione del 95% non è più “automatica” ma richiede una partecipazione qualificata (≥10%), calcolabile anche tramite il controllo su partecipazioni intermedie. Le partecipazioni sotto il 10% escono dall’ombrello dell’esenzione e il dividendo torna interamente imponibile in capo al percettore soggetto IRES, salvo altre specifiche previsioni di legge.

Sul fronte europeo la linea è di continuità e coordinamento. L’articolo 17 della bozza ribadisce che i dividendi provenienti da società UE – se in presenza dei requisiti della direttiva madre-figlia (in Italia, art. 27-bis del DPR 600/1973) non entrano nel valore della produzione IRAP per il 95%, armonizzando così IRES e IRAP ed evitando doppie imposizioni. In definitiva, per una società italiana che riceve utili da una controllata europea che rispetta i requisiti (partecipazione minima e holding period), l’esenzione resta e viene esplicitamente coordinata anche ai fini IRAP.

Nessuna modifica per le persone fisiche. La riforma, è bene precisarlo, tocca solo i soggetti IRES. Per i soci persone fisiche che incassano dividendi da società italiane o estere, nella bozza non vi sono modifiche, continuando ad applicarsi la disciplina vigente, con tassazione al 26% degli utili distribuiti.

Accanto alla norma sui dividendi, due interventi possono incidere indirettamente sul costo fiscale delle partecipazioni e sulla pianificazione delle distribuzioni, come ad esempio:

  • Assegnazione agevolata di beni ai soci / trasformazione in società semplice (art. 14): l’imposta sostitutiva dovuta sull’operazione incrementa il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote dei soci; al tempo stesso, il valore normale dei beni ricevuti riduce il costo delle partecipazioni. È un passaggio tecnico, ma rilevante quando si progetta la futura distribuzione di utili.
  • Affrancamento delle riserve in sospensione (art. 16): consente di “sterilizzare” fiscalmente le riserve tassabili con un’imposta sostitutiva del 10%, utile a chi intende programmare politiche di distribuzione dividendi più lineari nei prossimi anni.

In estrema sintesi, i gruppi italiani (e le holding), nel 2026 dovranno prestare attenzione alla verifica delle soglie di partecipazione (dirette e indirette) nelle partecipate che generano dividendi, ad eventuali riassetti nelle catene di controllo per salvaguardare l’esenzione 95%, al coordinamento tra IRES e IRAP sui flussi di utili provenienti da partecipazioni UE e, infine, alla “valutazione” di eventuali strategie grazie a “strumenti” come assegnazioni/trasformazioni e affrancamenti per ottimizzare il costo fiscale delle partecipazioni e “governare” future politiche di distribuzione dividendi.

Autore: Luigi Romano – Consulente in fiscalità d’impresa e incentivi agli investimenti