La ZES Unica per il Mezzogiorno torna al centro del dibattito economico nazionale con numeri ufficiali che ne confermano il successo, ma che al tempo stesso ne evidenziano la vulnerabilità strutturale. A pagina 107 del Bollettino delle Giunte e Commissioni Parlamentari, Commissione VI (Finanze), 8 ottobre 2025 troviamo la risposta del Ministero dell’Economia all’interrogazione 5-04503, fornendo per la prima volta una fotografia chiara dell’andamento del credito d’imposta 2025.
Un interesse straordinario: quasi 18.000 domande
In pochi mesi, fino al 30 maggio 2025, le imprese hanno presentato 17.951 comunicazioni per accedere all’agevolazione. Gli investimenti dichiarati superano i 22 miliardi di euro, mentre il credito richiesto ha già oltrepassato gli 11,3 miliardi. Numeri che travalicano ampiamente le risorse disponibili, ferme a 2,2 miliardi per l’esercizio in corso.
Questi dati confermano l’appeal del credito investimenti ZES Unica, che possiamo considerare una delle principali leve di politica industriale nel Mezzogiorno, capace di mobilitare capitali privati su larga scala.
Il Governo frena: “Molti investimenti non saranno realizzati”
Nella replica istituzionale, il Ministero invita alla prudenza. L’eccedenza apparente tra richieste e risorse non sarebbe un pericolo attuale, poiché una parte rilevante degli investimenti è ancora allo stadio di pianificazione. Come già avvenuto in precedenti misure, il “plafond” effettivamente “impegnato” potrebbe risultare molto più contenuto rispetto agli investimenti pianificati e comunicati dalle imprese in fase di prenotazione.
Un approccio prudenziale, ma non privo di rischi macroeconomici.
L’estensione a Marche e Umbria: strategia nazionale o compressione territoriale?
L’interrogazione parlamentare solleva un tema politico altrettanto delicato: l’inclusione di Marche e Umbria nel perimetro ZES, approvata dal Consiglio dei Ministri il 4 agosto 2025, senza alcun aumento delle dotazioni finanziarie future.
La risposta all’interrogazione conferma l’estensione, ma non prevede al momento nuove risorse. Si profila quindi un paradosso economico, con ampliamento della platea ed un plafond immutato. Il rischio è che il credito d’imposta, nato per accelerare lo sviluppo del Mezzogiorno, si trasformi in una competizione interregionale, comprimendo l’efficacia dell’incentivo.
Non sfugge al dibattito parlamentare una criticità segnalata dalle associazioni produttive, poiché molte imprese potrebbero rinunciare all’investimento non per assenza di progetti, ma per imprevedibilità del beneficio finale. Il capitale privato, soprattutto nel manifatturiero, non opera sulle intenzioni, ma sulla certezza delle regole.
La ZES Unica resta uno strumento strategico per la competitività territoriale, ma dai dati parlamentari emerge una tensione evidente, tra istanze e fondi disponibili. Senza un adeguamento delle risorse, l’Italia rischia di trasformare un esperimento di fiscalità di sviluppo in un contenitore di aspettative disattese. Se è vero, come è vero, che la ZES ha dimostrato di saper attrarre investimenti in aree speciali del Paese, spetta ora al Governo decidere se sostenerli, cosa che probabilmente accadrà con il reperimento di nuove risorse, per un’agevolazione fondamentale per lo sviluppo dell’Italia intera.
.Autore: Luigi Romano – Consulente in fiscalità d’impresa e incentivi agli investimenti

