Con una decisione che segna un punto fermo nel rapporto tra risparmio, assicurazione e giustizia, la Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale – con sentenza n. 34306/2025 depositata il 21 ottobre 2025 – ha stabilito che le somme derivanti dal riscatto anticipato di una polizza vita non possono più essere considerate “protette”. In sostanza, quando un assicurato decide di ritirare in anticipo il capitale accumulato, quel denaro perde la funzione previdenziale o assistenziale che ne giustificava la tutela e può quindi essere sequestrato o confiscato, anche nell’ambito di procedimenti penali.
Il caso nasce da un’indagine per riciclaggio. Un uomo, sospettato di aver impiegato somme di provenienza illecita, aveva riscattato una polizza vita nell’agosto 2024, versando poi l’importo sul proprio conto corrente. Il Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo della somma, ritenendo che non avesse più natura previdenziale. L’interessato si era difeso sostenendo che, essendo derivata da una polizza vita, la cifra dovesse comunque rientrare tra i capitali impignorabili ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile e dell’articolo 1923 del codice civile.
Ma i giudici del Palazzaccio hanno respinto il ricorso. La Suprema Corte ha infatti chiarito che la protezione prevista per le polizze vita vale solo finché la polizza conserva la sua funzione previdenziale, ossia quella di garantire una rendita o un capitale futuro in caso di decesso o alla scadenza del contratto.
I supremi giudici hanno spiegato che, finché la polizza rimane attiva e vincolata alla finalità di tutela economica, le somme che ne derivano sono effettivamente protette e assimilabili a trattamenti pensionistici. Tuttavia, nel momento in cui il contraente esercita il diritto di riscatto e incassa le somme prima della naturale scadenza, quella funzione viene meno. La Corte descrive questo momento come un vero e proprio “disinvestimento”: il capitale, destinato originariamente alla previdenza, rientra nel patrimonio del titolare e perde ogni vincolo assistenziale. Di conseguenza, diventa un bene come gli altri, soggetto a sequestro o confisca per equivalente.
Nella motivazione, i giudici osservano che le somme riscattate vengono normalmente depositate su conti correnti bancari, strumenti che hanno la sola funzione di gestire il denaro e non quella di costituire risparmio previdenziale. Proprio per questo, una volta riscattato, il capitale non può più beneficiare delle tutele che la legge riserva ai trattamenti pensionistici o alle indennità sostitutive di pensione. La Cassazione sottolinea inoltre la necessità di un bilanciamento tra interessi contrapposti: da un lato, la tutela del risparmio previdenziale, dall’altro, la funzione sanzionatoria e ripristinatoria della confisca penale.
La decisione si traduce in un messaggio chiaro per i cittadini. Le somme derivanti da una polizza vita sono effettivamente “protette” solo finché restano destinate alla loro finalità originaria: garantire una sicurezza economica futura. Se invece si sceglie di riscattarle anticipatamente, quelle somme diventano denaro disponibile e, come tale, possono essere aggredite dallo Stato o dai creditori. Non si tratta, quindi, solo di una scelta finanziaria, ma anche di una scelta giuridica, perché il riscatto comporta la perdita della speciale protezione prevista per i capitali previdenziali.
Con questa sentenza, la Cassazione ha anche voluto evitare che le polizze vita vengano utilizzate impropriamente come rifugio patrimoniale per sottrarre denaro a controlli o misure cautelari. Non basta che una somma provenga da un contratto assicurativo per considerarla intoccabile, ciò che conta è la funzione che conserva nel momento in cui viene riscossa. Finché serve a garantire il futuro, è protetta, ma se diventa un semplice risparmio liquido, entra nel patrimonio dell’assicurato come qualsiasi altro bene.
Con il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, i giudici del Palazzaccio hanno dunque riaffermato un principio tanto logico quanto rigoroso, una distinzione sottile ma fondamentale, che ricorda come risparmio e previdenza non possono essere considerati sinonimi.
Autore: Luigi Romano – Consulente in fiscalità d’impresa e incentivi agli investimenti

