Il monitoraggio Unioncamere aggiornato a novembre 2025 offre una fotografia nitida del funzionamento della composizione negoziata. Lo strumento sta vivendo una fase di piena maturità, con risultati in crescita e una capacità sempre più evidente di aiutare le imprese che arrivano preparate. Il nodo irrisolto rimane invece la scarsa diffusione degli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, una carenza che continua a condizionare in modo decisivo le possibilità di risanamento.
Tra i bilanci 2023 depositati, solo il 3,5% delle imprese dichiara di aver istituito assetti coerenti con l’articolo 2086 del Codice civile. È un dato sorprendentemente basso, che attraversa l’intero tessuto produttivo e dimostra quanto la cultura dell’allerta precoce sia ancora fragile. Senza sistemi di controllo minimamente strutturati, la crisi non viene intercettata per tempo. I flussi finanziari non sono monitorati in modo efficace, le tensioni crescono senza essere misurate e la capacità di dialogare con banche e creditori risulta indebolita.
La mancanza di assetti non riguarda solo numeri e contabilità. Oggi un presidio efficace richiede anche l’attenzione alle variabili qualitative, spesso decisive per interpretare correttamente la direzione dell’impresa. Indicatori come KPI commerciali e produttivi, indici di rotazione, tempi di consegna, marginalità per linea di prodotto, livelli di soddisfazione della clientela, stato delle relazioni interne, qualità del clima aziendale e progressi in termini di innovazione e formazione del personale influenzano in modo diretto la continuità e aiutano a comprendere la reale tenuta del modello di business. Trascurarli significa rinunciare a un patrimonio informativo che anticipa segnali di deterioramento ben prima che emergano nei numeri.
In questo scenario la composizione negoziata si presenta spesso come un tentativo tardivo. Lo strumento funziona, ma richiede una base informativa solida e multidimensionale, fatta non solo di bilanci, ma anche di indicatori operativi, qualitativi e strategici. Non sorprende quindi che la percentuale di successo sia molto diversa tra chi dispone di una governance adeguata e chi arriva alla CN con una fotografia parziale e approssimativa dell’impresa.
Nel 2025 il tasso di esito favorevole mostra un miglioramento significativo. La media dell’anno supera il venti per cento e nel terzo trimestre raggiunge la soglia del venticinque per cento. È un risultato che segnala una crescente capacità delle imprese meglio organizzate di utilizzare la CN come leva di riequilibrio. La soluzione più frequente tra gli esiti positivi è l’accordo ex art. 23, co. 1, lett. c), un’intesa complessiva con una parte rilevante dei creditori, costruita con l’aiuto dell’esperto e finalizzata a ristrutturare debiti e scadenze senza ricorrere al tribunale. È, di fatto, la rappresentazione più concreta dei vantaggi della composizione negoziata, capace di coniugare rapidità, riservatezza e flessibilità.
Le imprese che riescono a chiudere questo tipo di accordo presentano tratti comuni ben riconoscibili nel documento Unioncamere. Sono quasi sempre società di capitali, con dimensioni adeguate, una contabilità aggiornata e un apparato informativo affidabile, caratteristiche che presuppongono un livello di strutturazione superiore alla media delle imprese che accedono alla composizione negoziata.
Accanto a questi elementi, la pratica professionale mostra come le realtà più strutturate dispongano abitualmente anche di indicatori operativi e gestionali (KPI commerciali, produttivi e finanziari) e di un monitoraggio costante di aspetti qualitativi come la coesione interna, la stabilità dei team, la capacità di innovare e la continuità nella formazione del personale.
Si tratta di fattori non esplicitamente elencati nel documento, ma che rappresentano la naturale estensione del concetto di “impresa organizzata”, richiamato da Unioncamere nella descrizione dei casi di successo. In questo senso, la CN diventa uno specchio della governance complessiva: dove l’organizzazione è solida, anche sul piano qualitativo, la trattativa poggia su basi più credibili; dove tali elementi mancano, il processo si indebolisce e l’esito tende a essere meno favorevole.
La difficoltà delle microimprese rafforza questa lettura. Tra gli esiti negativi rappresentano il 64,4%, mentre negli esiti positivi scendono al 40,8%. Il quadro diventa ancora più netto per le imprese sottosoglia (Ricavi inferiori a 200.000 euro, Totale attivo inferiore a 300.000 euro e Debiti inferiori a 500.000 euro): presentano solo il 4% delle istanze e registrano un tasso di successo pari al 9%. Senza assetti adeguati e senza indicatori qualitativi che raccontino l’andamento reale dell’impresa, la CN non trova gli strumenti necessari per costruire un accordo sostenibile. Non è una procedura che crea dal nulla ciò che l’impresa non ha mai avuto, ma valorizza ciò che è già presente in termini di organizzazione, monitoraggio e visione strategica.
Ciò che a nostro parere emerge da questi dati è fin troppo evidente:la composizione negoziata funziona, ma soprattutto per chi non ha sottovalutato gli adeguati assetti. La prevenzione della crisi non è un formalismo, ma un presupposto essenziale della continuità aziendale e le imprese che hanno investito in governance, KPI, innovazione, clima aziendale e formazione, intercettando i “segnali precoci” della crisi, arrivano alla CN con gli strumenti necessari per negoziare. Le altre rischiano invece di trovarsi in un terreno troppo complesso, dove la mancanza di dati e indicatori affidabili diventa l’ostacolo principale al risanamento.
Autore: Luigi Romano – Consulente in fiscalità d’impresa e incentivi agli investimenti

